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“Everest Virtuale” e ricerche in alta quota Stampa E-mail

 “Everest Virtuale” e ricerche in alta quota: Manuela Di Centa e Fabio Meraldi al Plateau Rosà

Si è concluso domenica 7 settembre 2003, ai 3500m del Plateau Rosà, il ciclo di ricerche neurologiche iniziate in Tibet nel ’98 sugli skyrunners. Inizialmente dedicato alla verifica degli atleti d’élite che gareggiano a 4000m di quota, lo studio è ora rivolto alle applicazioni pratiche quali l’uso delle funivie oltre i 3000m, le attività sportive, o il pernottamento in rifugi in cui l’organismo deve compensare la diminuzione della pressione dell’ossigeno.

L’avvio di questa nuova fase ha visto protagonisti due atleti da poco reduci dall’Himalaia: Manuela Di Centa, prima donna italiana in vetta, e Fabio Meraldi. Una strumentazione da campo, una bombola di miscela d’ossigeno e una maschera, in dieci minuti hanno riportato Manuela Di Centa al campo base dell’Everest a quota 5500 metri. Alla identica simulazione è stato sottoposto Fabio Meraldi e dopo di lui, alcuni non atleti. Lo scopo di questo esperimento differenziato era di verificare il comportamento dei soggetti sottoposti ai test, alla situazione di ipossia. Una prova che ha rivelato come per Manuela Di Centa e Fabio Meraldi la reazione a queste condizioni sia stata di un evidente miglior adattamento rispetto ai “non atleti”, anche in fase acuta.

I test sulla “saturazione di ossigeno”, che indicano la capacità di trasporto di ossigeno in relazione all’altezza reale o alla quota virtuale, hanno mostrato una importante differenza di reazione tra un sedentario e un atleta. I test che hanno simulato una quota di 5500 metri, su soggetti come Manuela Di Centa, Fabio Meraldi e dello sherpa nepalese Dachhiri Dawa, hanno fatto segnare valori di saturazione attorno al 95% mentre gli stessi test effettuati su soggetti sedentari, hanno contenuto i valori di saturazione attorno all’ 88% e una frequenza cardiaca maggiore.

Queste ricerche rafforzano la convinzione che l’attività fisica sia la prima cura per la salute. La permanenza in alta quota e le capacità di compensazione anche in forma acuta, oltre i 5000 metri, da parte degli atleti/alpinisti sono tali da rendere concreta la possibilità di Fabio Meraldi di riaffrontare il record dell’Everest senza ossigeno ridimensionando importanza e significato degli attuali record ottenuti utilizzando le bombole anche dagli sherpa nonostante questi ultimi abbiano tutte le potenzialità per accettare una sfida pulita: quella che Meraldi riproporrà a sé stesso nel 2004.

Sempre ai 3500 metri del Plateau Rosà gli scorsi giorni sono state effettuate ricerche sulle funzioni elettroencefalografiche ed il sonno in alta quota promosse dalla FSA (Federation of Sport at Altitude), che avranno invece anche un’applicazione pratica: rendere più sicura l’attività in montagna anche a persone normali.

Il completamento del ciclo dei test iniziati in Tibet cinque anni fa, e lo studio dei tracciati EEG rilevati sugli atleti al termine di una competizione disputata oltre i 4000 metri, assieme alle registrazioni notturne fatte con tecnologie innovative, hanno infatti fornito importanti indicazioni sulle alterazioni elettroencefalografiche e sulle strategie comportamentali da adottare per equilibrarle. I risultati di queste ricerche ora permettono di fornire risposte puntuali ai problemi che affliggono quelle persone che si espongono in forma acuta ad alte quote, salendo in funivia o dormendo nei rifugi situati a oltre 3000 metri. I risultati di queste ricerche saranno presto resi leggibili anche ai non esperti attraverso pubblicazioni e manuali di comportamento che forniranno, a chi frequenta la montagna, indicazioni pratiche su come comportarsi e vivere in buone condizioni fisiche in quota.
 
 
 

 

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